08 novembre 2007
Luna nera per l'Oro Nero
Il prezzo del petrolio è alle stelle. Sfondato il muro dei 98 dollari al barile sono scattati subito gli allarmismi, ma da Bruxelles rassicurano: grazie alla sua forte moneta il vecchio (in)continente può dormire sonni tranquilli. Meno male! Siiii, evviva! Fiero, orgoglioso di essere europeo, toh te la do io l'America! Beccati questa yankee del cazzo... Ma se l'euro dovesse inciampare nella sua corsa sfrenata contro il biglietto verde? Ministri fate qualcosa, Commissione Europea mettici una pezza, BCE penzaci tu. Dannati iraniani è tutta colpa di quello Stato Canaglia!

Gentile lettore, quello che hai appena letto è una concisa reinterpretazione del pensiero comune diffuso dall'informazione convenzionale, diciamo "quello che l'ipotetico adolescente Mass Media avrebbe scritto sul suo Windows Live Space"; pensiero che, guarda caso, non condivido. Per spiegare le mie ragioni vorrei chiarire prima dei concetti economici di base, inizierò quindi dall'abbiccì.

Il petrolio (dal punto di vista economico) è una ricchezza e viene scambiato in dollari, fin qui nessun dubbio, ma il dollaro è una ricchezza? Su questo fronte la discussione è apertissima, ma per fortuna la risposta non è così importante ai fini del mio ragionamento. Facciamo finta che lo sia, ora, una ricchezza ha un suo valore intrinseco, ma quanto vale un dollaro? Io direi che vale poco più di un centesimo di barile di petrolio; è usato come un'unità di misura al pari del metro, solo che a differenza del metro il suo valore non è stabile. Voglio dire, il valore di una ricchezza dipende, tra le altre, dalla sua disponibilità (offerta), e se la Fed, per fronteggiare la crisi dei mutui, scarica tonnellate di bigliettoni verdi nel mercato americano, è normale che poi il suddetto biglietto perda valore, si chiama inflazione. Ma mentre di dollari ce n'è sempre di più, di petrolio ce n'è sempre meno ed il suo valore intrinseco non può altro che salire, in maniera però totalmente slegata dal numero di dollari che si spendono per comprarlo.

Cioè, che ci sta a fare il mercato? Se non a definire il valore delle ricchezze attraverso gli scambi tra ricchezze e monete? In Europa al momento c'è meno inflazione che negli USA, è normale che il prezzo del petrolio calcolato in euro sia salito di meno. Petrolio ed euro corrono assieme non perché siano particolarmente forti entrambi, ma perché semplicemente è il dollaro che non vale un soldo bucato. Quando la nostra moneta non sarà più così forte rispetto al verdone saranno due (o meglio una combinazione dei due estremi) gli scenari possibili. Primo: il dollaro avrà riacquistato valore e, supponendo che il valore del petrolio intanto sia aumentato molto lentamente, vedremo il prezzo dell'Oro Nero scendere vertiginosamente. Secondo: l'euro avrà perso valore più velocemente del concorrente nordamericano e, sempre nell'ipotesi di petrolio lento, avremo più soldi per fare benzina alla macchina a fronte di un celere aumento del prezzo (in euro) del greggio.

La mia previsione personale è fortemente sbilanciata verso il secondo scenario. Nonostante, basterebbe aumentare la produzione (e quindi l'offerta) di idrocarburi per ridurne il valore (e in prima approssimazione il prezzo), sarebbe una scelta stupida nell'ottica del lungo periodo poiché avvicinerebbe soltanto il giorno del giudizio. Non dimentichiamo che le riserve planetarie hanno un fondo, il petrolio prima o poi finirà. E allora non ci rimane che seguire con spensierata apprensione l'inesorabile ascensione del prezzo del nostro fossile preferito, scandendo con ritmo tifoso, cantilenante e un po' anni '90: cen-to cen-to cen-to...

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postato da Dario Biño alle 21:36 | Permalink | nessun commento