16 novembre 2007
La coda lunga
No, non è quella di paglia del politico medio, è un concetto, in sé abbastanza semplice da comprendere, a cui tenterò di dare una connotazione anti-aristotelica di non-categoria; più che altro spiegherò perché, secondo me, quello di coda lunga è un non-concetto.

Partendo dal principio di Pareto si può costruire un modello statistico utile per rappresentare una vasta gamma di fenomeni economici e sociali, per esempio la relazione tra i difetti di un prodotto ed i relativi reclami dei consumatori, o le manifestazioni di idee politiche (per esempio nei partiti) ed i relativi riscontri nella popolazione che vi si identifica. La principale caratteristica di questo modello è che in poche prime cause troviamo la maggior parte degli effetti, il che suggerisce quindi di concentrare l'attenzione su pochi casi importanti. Ma un'altra peculiarità di questo modello è che oltre i primi elementi c'è una lunga coda (da cui il nome appunto) tanto varia e diversificata quanto più è ampio il sistema che si sta analizzando, e che si estende verso l'infinito.

Ultimamente si fa spesso riferimento alla coda lunga, ad esempio parlando dei meccanismi del mercato globale e dei loro cambiamenti in seguito alla diffusione di internet, cambiamenti che sembrano andare verso una dominanza del peso della coda lunga sulla massa conformata e conformista. Un altro curioso utilizzo di questo concetto è applicato alle posizioni politiche: mi è capitato di dover rispondere al quesito «Sei di destra, di sinistra o della coda lunga?». Bella domanda!

Tecnicamente, dato che non posso dire di riconoscermi nei primi due schieramenti, dovrei rispondere con la terza opzione, ma c'è qualcosa, oltre al fatto di dovermi appiccicare sulla fronte un'altra etichetta, che ancora non mi convince. Stando alla definizione questa coda lunga dovrebbe essere una specie di calderone contenente tutte le opinioni autonome, individuali (compresa la mia) o di nicchia, che non per forza, anzi sicuramente non devono andare d'accordo. Insomma una categoria per quello che non puoi catalogare, per quello che in latino si diceva cetera, tutto il resto, quello che rimane, quello che avanza. È riduttivo, umiliante, irrispettoso, è come essere gettato nel cassonetto indifferenziato, quello del "non recuperabile". No, non voglio far parte nemmeno della coda lunga.

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13 novembre 2007
10, 100, 1000 Stati Canaglia
Si è da poco concluso il giorno del quarto anniversario degli attentati contro i militari italiani a Nassiriya, Iraq. Sono certamente e sinceramente dispiaciuto della morte dei militari italiani coinvolti (oltre che dei civili naturalmente, e dei non italiani), nonostante la parola "patria" non abbia un significato così importante per me, ma mi riservo dei commenti o almeno dei dubbi su cosa debba essere considerata una "missione di pace". Quelle della Croce Rossa non sono missioni di pace? E quelle di Emergency? Quelle di Médecins Sans Frontières? Spero che in pochi lo neghino almeno questo. Ma si può mandare un esercito in una missione di questo tipo? Un esercito, sì proprio quella forza armata composta da soldati. Soldati, sì proprio quelli che sono addestrati per fare la guerra, non la pace. Secondo me non si può, io avrei mandato la protezione civile.

La verità è che nessuno ha mai pensato alla pace mentre delineava gli obiettivi della missione Antica Babilonia, l'interesse comune di tutto l'occidente è sempre stato tenere a freno il prezzo del petrolio, la vera arma di distruzione di massa che Bush Jr. cercava in Mesopotamia, e che ha trovato. Non è stato necessario il gesto plateale di Saddam Hussein (un genio del crimine, ma sempre un genio) nel '91 per capirlo, quando battendo in ritirata dal Kuwait diede fuoco alle centinaia di pozzi che il suo esercito trovava sul cammino, diffondendo il forte messaggio a chi non l'avesse ancora capito che le guerre non si fanno per esportare la democrazia, bensì per importare le risorse. In quel frangente Saddam salvò la pellaccia proprio perché gli americani erano più interessati a spegnere i roghi che bruciavano il loro (ma anche il nostro) prezioso melmone fossile piuttosto che ad inseguire il brutto cattivaccio.

Weapon of Mass Destruction

Il prossimo turno a questo punto potrebbe essere dell'Iran, lo stato canaglia, quello che vuole investire nell'energia nucleare, rischiando di aumentare eccessivamente la domanda (e quindi il prezzo) dell'Uranio nei prossimi 20-30 anni, quando il petrolio sarà troppo caro per continuare a usarlo nella produzione di corrente elettrica. Come? È detto "canaglia" perché con la scusa dell'energia utilizzerebbe la tecnologia acquisita per la produzione di bombe atomiche? Beh, è probabile che lo faccia, ma fino ad ora chi è stata l'unica canaglia che ne ha sganciate? Comunque non credo che sarà così facile questa volta, visto che i russi e i cinesi non sono molto d'accordo con Washington, e che bene o male l'ombra di George Senior ha fortunatamente ancora paura di una terza guerra mondiale.

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08 novembre 2007
Luna nera per l'Oro Nero
Il prezzo del petrolio è alle stelle. Sfondato il muro dei 98 dollari al barile sono scattati subito gli allarmismi, ma da Bruxelles rassicurano: grazie alla sua forte moneta il vecchio (in)continente può dormire sonni tranquilli. Meno male! Siiii, evviva! Fiero, orgoglioso di essere europeo, toh te la do io l'America! Beccati questa yankee del cazzo... Ma se l'euro dovesse inciampare nella sua corsa sfrenata contro il biglietto verde? Ministri fate qualcosa, Commissione Europea mettici una pezza, BCE penzaci tu. Dannati iraniani è tutta colpa di quello Stato Canaglia!

Gentile lettore, quello che hai appena letto è una concisa reinterpretazione del pensiero comune diffuso dall'informazione convenzionale, diciamo "quello che l'ipotetico adolescente Mass Media avrebbe scritto sul suo Windows Live Space"; pensiero che, guarda caso, non condivido. Per spiegare le mie ragioni vorrei chiarire prima dei concetti economici di base, inizierò quindi dall'abbiccì.

Il petrolio (dal punto di vista economico) è una ricchezza e viene scambiato in dollari, fin qui nessun dubbio, ma il dollaro è una ricchezza? Su questo fronte la discussione è apertissima, ma per fortuna la risposta non è così importante ai fini del mio ragionamento. Facciamo finta che lo sia, ora, una ricchezza ha un suo valore intrinseco, ma quanto vale un dollaro? Io direi che vale poco più di un centesimo di barile di petrolio; è usato come un'unità di misura al pari del metro, solo che a differenza del metro il suo valore non è stabile. Voglio dire, il valore di una ricchezza dipende, tra le altre, dalla sua disponibilità (offerta), e se la Fed, per fronteggiare la crisi dei mutui, scarica tonnellate di bigliettoni verdi nel mercato americano, è normale che poi il suddetto biglietto perda valore, si chiama inflazione. Ma mentre di dollari ce n'è sempre di più, di petrolio ce n'è sempre meno ed il suo valore intrinseco non può altro che salire, in maniera però totalmente slegata dal numero di dollari che si spendono per comprarlo.

Cioè, che ci sta a fare il mercato? Se non a definire il valore delle ricchezze attraverso gli scambi tra ricchezze e monete? In Europa al momento c'è meno inflazione che negli USA, è normale che il prezzo del petrolio calcolato in euro sia salito di meno. Petrolio ed euro corrono assieme non perché siano particolarmente forti entrambi, ma perché semplicemente è il dollaro che non vale un soldo bucato. Quando la nostra moneta non sarà più così forte rispetto al verdone saranno due (o meglio una combinazione dei due estremi) gli scenari possibili. Primo: il dollaro avrà riacquistato valore e, supponendo che il valore del petrolio intanto sia aumentato molto lentamente, vedremo il prezzo dell'Oro Nero scendere vertiginosamente. Secondo: l'euro avrà perso valore più velocemente del concorrente nordamericano e, sempre nell'ipotesi di petrolio lento, avremo più soldi per fare benzina alla macchina a fronte di un celere aumento del prezzo (in euro) del greggio.

La mia previsione personale è fortemente sbilanciata verso il secondo scenario. Nonostante, basterebbe aumentare la produzione (e quindi l'offerta) di idrocarburi per ridurne il valore (e in prima approssimazione il prezzo), sarebbe una scelta stupida nell'ottica del lungo periodo poiché avvicinerebbe soltanto il giorno del giudizio. Non dimentichiamo che le riserve planetarie hanno un fondo, il petrolio prima o poi finirà. E allora non ci rimane che seguire con spensierata apprensione l'inesorabile ascensione del prezzo del nostro fossile preferito, scandendo con ritmo tifoso, cantilenante e un po' anni '90: cen-to cen-to cen-to...

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02 novembre 2007
Sicurezza informata
C'è un'emergenza sicurezza in Italia, ma che dico, c'è un'emergenza terrorismo, quello mediatico! Ieri il Tg5 dedicava più di un quarto d'ora ad episodi di violenza da parte di immigrati che ormai non sono più tecnicamente definibili cronaca, tant'è che ascoltando distrattamente i due minuti dedicati alle inondazioni nei Caraibi ho avuto l'impressione che fossero opera di qualche rumeno. Ma il tema della sicurezza è davvero così sentito? Purtroppo la risposta è affermativa, la domanda giusta è: "il peso che ha assunto, soprattutto in campo politico, è giustificato?". Aspetterò trepidamente i dati dell'Istat per sapere qual'è la situazione reale oggettiva.

Per quanto riguarda la mia percezione personale che dire? Sto attento in metropolitana, ma nessuno ha mai provato a scipparmi. Non mi passa neanche lontanamente per la testa che qualcuno possa avere una bomba nello zaino quando prendo il treno. Reputo l'aereo il mezzo più sicuro nonostante sappia che - malgrado gli odiosi, onerosi ed invasivi controlli - potrei farne esplodere uno senza troppi sforzi se lo volessi, ma che ci volete fare? Io mi fido dei miei compagni di viaggio. Infine credo che se la gente rispondesse con un sorriso agli sguardi schivi di un gruppetto di ragazzini immigrati in qualche sottopassaggio pedonale, avremmo sicuramente meno aggressioni, e meno gente incazzata col mondo. In generale insomma mi sento sicuro, finché non accendo la televisione.

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